Cassazione
- Sezione sesta penale - sentenza - 10 luglio 2008, n. 28720 Presidente
Lattanzi
- Relatore Serpico Pm Selvaggi - difforme - Ricorrente G.
Osserva
Sull'appello proposto da G. GIUSEPPE avverso la sentenza del Tribunale
di Terni in composizione monocratica in data 23-9-2002 che lo aveva
dichiarato colpevole del reato di cui all'art. 73 DPR 309/90 per illecita
detenzione a fine di spaccio di marijuana e, concessegli le attenuanti
generiche lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro
di reclusione ed € 4.000,00 di inulta, la Corte di Appello di Perugia,
con sentenza in data 13-12-2004, aveva confermato il giudizio di I
grado, ribadendo la colpevolezza dell'imputato in ordine al reato
ascrittogli, posto che, a prescindere dalla religione c.d. rastafariana
di cui il G. si era dichiarato adepto, e, come tale aduso al consumo
dello stupefacente, non era dato ritenere comprovato il possesso della
droga per esclusivo uso personale, stante il dato ponderale della
sostanza (gr. 7,300 da cui potevano riceversi 70 dosi droganti).
Avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione,
deducendo, a motivi del gravame, la violazione dell'art. 606 co. I
lett. e) c.p.p., per carenza, contraddittorietà ed illogicità della
motivazione in punto di asserita prova della finalità di spaccio,
nonostante le dedotte ragioni di appartenenza a tale religione che,
come comprovato dalla documentazione prodotta in merito, prevedeva
per i suoi adepti l'uso quotidiano dell'"erba sacra" da consumare
da soli fino a 10 grammi al giorno. Di qui, secondo il ricorrente,
la giustificazione del dato ponderale della sostanza da lui detenuta,
con l’implicita conferma della destinazione al solo uso personale.
Il ricorso è fondato e va accolto relativamente alla censura di non
sufficiente motivazione in ordine
alla dedotta finalità di detenzione della marijuana per esclusivo
uso personale, anche considerando
la religione di cui l’imputato si è dichiarato praticante. Non sfugge
infatti che, secondo le notizie
relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale
religione di origine ebraica, la marjuana
non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come “erba meditativa”,
come tale possibile
apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella
preghiera, nel ricordo e nella
credenza che “la erba sacra” sia cresciuta sulla tomba di re Salomone,
chiamato il Re saggio e da
esso ne tragga la forza, come si evince da notizie di testi che indicano
le caratteristiche di detta
religione. Ciò posto, non sembra che i giudici della Corte territoriale
perugina abbiano operato una
logica ricostruzione del fatto in relazione proprio al comportamento
dell’imputato all’atto
dell’intervento dei verbalizzanti, pacifico essendo che fu proprio
il G. a consegnare spontaneamente
ai CC. una busta contenente la marjuana non preconfezionata in dosi
ma sfusa (cfr. teste Favetta),
precisando subito che il possesso di tale erba, prelevata da dietro
il sedile della vettura in cui l’uomo
era stato sorpreso a dormire in una piazzola di sosta, era da lui
destinato ad esclusivo uso
personale, secondo la pratica suggerita dalla religione rastafariana
di cui si era detto adepto.
Il semplicistico richiamo al dato ponderale della sostanza e la trascurata
valutazione delle
circostanze di tempo, luogo e modalità comportamentali dell’imputato,
non sembra possano
costituire, allo stato, un logico e motivato supporto all’esclusione
dell’invocato uso esclusivamente
personale di marijuana (a prescindere dall’errore materiale sul nome
della sostanza di cui vi
è traccia in sentenza impugnata), di guisa che s’impone una opportuna
rivalutazione dell’intera
vicenda ai fini di cui sopra, cui vorrà far fronte la Corte di Appello
di Firenze, quale
giudice di rinvio competente, previo annullamento dell’impugnata sentenza.
PQM
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello
di Firenze per nuovo giudizio.